Il Monastero di Valle Christi a Rapallo
Situati tra le colline che abbracciano Rapallo, nella frazione di San Massimo, a meno di tre chilometri dal lungomare, i ruderi del Monastero di Valle Christi costituiscono uno degli scenari più pittoreschi della città. Il campanile cuspidato, con archetti e trifore nella cella campanaria, si staglia, ancora intatto, sugli archi gotici delle volte crollate e sull’abside e il transetto, unici elementi ancora in piedi. Le rovine emergono in una piccola valle verdeggiante, in un ambiente ricco di grande suggestione, avvolte in un’atmosfera sospesa nel tempo, che riporta alla mente la solitudine ed i misteri degli ordini di clausura medioevali e sono ben visibili dall’adiacente Campo Golf.
Il monastero venne fondato nel 1204 sulla proprietà donata all’arcivescovo
da Tibe e Altilia De Mari. L’abbazia, costruita in stile gotico francese e composta di un’unica navata, appartenne prima alle monache Cistercensi e quindi alle Clarisse di Sant’Agostino.
Nel 1568, con bolla papale di Pio V, il monastero fu sconsacrato e, abbandonato dalle religiose, venne utilizzato ad uso abitativo e agricolo.
L’area dell’antico monastero è oggi il suggestivo scenario notturno per spettacoli teatrali e musicali di gran pregio che si tengono ogni estate all’interno di un cartellone di eventi organizzato dall’Associazione Culturale Valle Christi, costituitasi allo scopo di valorizzare questo monumento.
Un po’ di storia
Siamo nel XII secolo e Genova è travagliata dalle continue sanguinose contese fra le opposte fazioni che lungamente tormenteranno la vita della Superba. Il governo dei consoli non riesce a contenere le violente discordie e si approda quindi alla nomina di un podestà, chiamato da fuori, nella speranza che sappia superare le divisioni di parte e ricomporre l’armonia.
In uno di questi ripetuti scontri fratricidi, nel 1187 era stato assassinato il console Angelo De Mari, gettando in un dolore sconfinato la sposa Attilia Malfante. È da questa tragedia che scaturirà, alcuni anni dopo, la nascita del Monastero di Valle Christi alle prime balze della collina su cui già sorgeva la chiesa di San Massimo, con attorno la minuscola parrocchia. Desiderando reagire al clima di odio imperante e nella appagante visione di un’oasi di serena pace religiosa, l’infelice Attilla Malfante trova condiviso il suo disegno da un’altra nobile genovese, che i documenti indicano solo col nome di Tibia e che forse era a lei legata da vincoli di parentela. Entrambe decidono così di far sorgere, nella campagna retrostante Rapallo, ove possedevano terreni, un centro di preghiera e di meditazione che accolga monache di clausura. L’Arcivescovo di Genova, Ottone Ghilini, asseconda con ampie lodi l’iniziativa delle due generose promotrici e, solennemente, con atto del 29 aprile 1204, accetta la donazione, puntualizzando che nulla abbia a ledere i diritti della parrocchia di Rapallo, né quelli delle chiese viciniori. Il monastero venne posto sotto la giurisdizione diretta della Santa Sede, esentandolo così dalle tasse e collette imposte dalla Curia genovese.
Non conosciamo quando i lavori per l’erezione del complesso monastico ebbero inizio e se la prima costruzione ebbe già quelle linee architettoniche che oggi possiamo individuare dai ruderi che ci sono rimasti. È da presumere però che nei tre secoli e mezzo di vita siano stati apportati non pochi ampliamenti e rifacimenti, ma è indubbio, comunque, che l’impronta superba dei maestri comacini che vi operarono è rimasta indelebile, con tutta la sua armonia di linee e suggestività di particolari. Per affascinarci sono sufficienti, infatti, con la loro voce che giunge da un tempo così remoto, il campanile romanico dalla svettante cuspide ottagonale e gli archetti a sesto acuto, le colonnine leggiadre che adornano la cella campanaria, l’abside rimasta pressoché intatta ed i frammenti di mura, che con le vive pietre squadrate mostrano il robusto sviluppo dell’edificio, il pavimento a mattoni corroso ed i gradini sbrecciati che l’erba costantemente s’impegna a conquistare.
II “Libro Rosso” del Comune ci dice che le prime religiose che presero possesso del Monastero erano dell’ordine cistercense, diramazione di quello benedettino. Ne sarebbe conferma anche la dedicazione a “Santa Maria in Valle Christi” che riecheggia i cenobi, pure benedettini, di Chiaravalle, Vallechiara, Valleverde ed Altavalle.
Il Monastero conobbe notevole sviluppo e nella sua chiesa ebbe particolare venerazione la reliquia di San Biagio, donata alle monache probabilmente da un capitano genovese al seguito di Gaspare Spinola nella fortunata spedizione in Dalmazia del 1380.
In seguito, la preziosa reliquia di San Biagio sarà invece traslata alla nostra Basilica, ove ancor oggi viene esposta alla venerazione dei fedeli per la festa il 3 febbraio. A Valle Christi le mura sgretolandosi forniranno il materiale per la costruzione di case coloniche, mentre anche gli edifici attornianti la chiesa ed il chiostro diverranno il focolare ed il ricovero per i lavori di famiglie dedite alla vita dei campi. Il complesso monumentale, grazie anche ad alcuni restauri conservativi, tuttora in corso, è oggi una fra le più importanti testimonianze del passato ed è meta d’obbligo per il turista che soggiorna nel Tigullio.
Esso è stato di recente inserito nel panorama dei contenitori culturali dopo i positivi risultati di talune iniziative qui programmate.